In questi giorni di silenzio, in cui l’edificio scolastico è privo della sua naturale sonorità, delle note delle vostre voci, delle parole dei vostri insegnanti, dello stridio di banchi e sedie sul pavimento, sento di essere altrove.
Non è questa la mia, la nostra scuola, sempre animata di una sua speciale armonia: ognuno di voi, bambini e ragazzi, insieme ai docenti, a tutto il personale, ai genitori, intona il suo strumento in un’orchestra che sintetizza la bellezza dello stare insieme, del prendersi per mano e camminare.
Quando mi riesce di girare per i corridoi e di visitare le vostre classi, chi mi vede sa che gioisco dell’incontro con voi: mi riporta indietro ai tempi non lontani in cui tutto per me era racchiuso nell’aula, spazio e tempo in cui si rivelava di ciascuno la profondità del sentire e in cui era possibile assistere al miracolo dell’imparare!
È stato per me sempre qualcosa di magico, sentire che tra le mie mani, davanti ai miei occhi, bambini e poi ragazzi più o meno grandi costruissero insieme ai propri pari la propria strada, affermassero la propria personalità, imparassero a conoscere se stessi.
E quando mi succede di ritrovarmi con voi e di ricongiungere passato e presente, mi si riempie il cuore, respiro aria pura a pieni polmoni: vedo bambini e ragazzi felici, a proprio agio nella propria ‘casa’; vedo sguardi curiosi, profondi e impegnati, desiderosi di conoscere e imparare; vedo manine alzate in una richiesta, in una risposta, manine paffutelle che mi interferiscono e mi commuovono.
A volte mi succede di incontrare anche dei bambini davvero piccoli, scriccioli in lacrime che cercano la propria mamma. E lì il pianto si scioglie semplicemente prendendoli tra le braccia, asciugando quei lucciconi e avvolgendoli nella tenerezza di un abbraccio. Gli abbracci..
In questi giorni desolati, il pensiero che in quelle decine e decine di aule non si stia più realizzando quell’ancestrale cammino, non ci siano domande curiose, interventi preziosi, richieste di aiuto, espressioni di soddisfazione, mi svuota e mi rattrista.
E per spazzar via quel velo di malinconia, corro a voi. Sorvolo idealmente le vostre case e provo a sbirciarvi con l’immaginazione: vi vedo al mattino sonnacchiosi (non vi sembrerà vero di poter dormire qualche minuto in più!), ancora stretti nel tepore della notte; poi operosi e intenti a seguire le attività che i vostri insegnanti hanno preparato per voi, cui va il mio personale e sincero ringraziamento per il prezioso lavoro di ‘cerniera affettiva e sociale’ che stanno realizzando per mantenere accesa la relazione, nel comune desiderio di trattenervi in una inconsueta normalita; vi vedo intenti a mettere sotto sopra ogni angolo di una casa che non vi ha mai visti per tanto tempo e che è atterrita dalla vostra permanenza; vi vedo ciondolarvi sul divano, desiderosi di scalciare un pallone, di fare una passeggiata all’aria aperta, di riprendere le vostre abitudini di sempre; vedo le vostre mamme, anche loro consapevoli di come sia disarmante perdere d’un tratto la quotidianità, affannarsi nel coinvolgervi nella preparazione di un dolce, nella realizzazione di un lavoretto e – perché no – nelle faccende di casa, mettere su un po’ di musica e ballare, ballare, ballare, per scacciar via la malinconia; vedo i vostri genitori assorti dai pensieri protettivi che avvincono noi adulti, guardare lontano, oltre, sperare e pregare che tutto passi in fretta.
E sarà così.
Ci lasceremo alle spalle questa esperienza che ha fatto irruzione nelle nostre vite.
Non ci ha chiesto il permesso di entrare.
Si è palesata come una tempesta attraverso numeri, dati, cifre, notizie, paure..
Ci ha affannato, incuriosito, spiazzato.
Nessuno di noi ha potuto ignorarne la portata, troppo forte per far finta di niente, ed è stato un bene.
Nessuno di voi, nessuno di noi, deve far finta di niente.
Quel che sta accadendo alle nostre vite non dobbiamo cancellarlo in un colpo di spugna all’indomani del ritorno alla normalità.
Non dobbiamo aver paura di guadarci indietro e ricordare.
Questa storia segnerà tutti noi in un modo singolare.
Sarà come una cicatrice pronta a rimbalzare il passato, come accade per tutti quei segni che incidono le noste vite.
Cosa potrà lasciare di tanto prezioso sulla nostra pelle?
Ci consegnerà l’amore per le piccole cose, quelle di tutti i giorni, quelle di cui neanche ci accorgiamo, persino di quelle che più ci pesano nella routine quotidiana.
Ci consegnerà la gioia di un abbraccio, dello stare insieme, del prendersi per mano, con l’amico del cuore, col compagno che è in difficoltà, con quello con cui non c’è mai stata sintonia. A lui stringeremo la mano, felici di esserci ritrovati.
Ci consegnerà il senso di essere squadra, di essere famiglia.
Ci consegnerà la bellezza del ritrovare la nostra naturale, anche banale armonia: quella con l’umanità intera, con il mondo, con le nostre vite.
Verrà quel giorno, presto o tardi verrà. “Andra tutto bene”.
Ci ritroveremo a raccontare, sorridere, stringerci insieme, più uniti e forti di sempre, più consapevoli di quanto è preziosa la nostra vita.
E quel giorno danzeremo, danzeremo e grideremo la nostra gioia, finché avremo fiato in gola.
La vostra preside