Il termine Olocausto indica, a partire dalla seconda metà del XX secolo, il genocidio di cui furono responsabili le autorità della Germania nazista e i loro alleati, lo sterminio di tutte le categorie di persone dai nazisti ritenute “indesiderabili“ o “inferiori“ per motivi politici o razziali, tra cui gli ebrei d’Europa. Oltre agli ebrei, furono vittime dell’Olocausto le popolazioni slave delle regioni occupate nell’Europa orientale e nei Balcani, neri europei e, quindi, prigionieri di guerra sovietici, oppositori politici, massoni, minoranze etniche come rom, sinti e jenisch, gruppi religiosi come testimoni di Geova e pentecostali, omosessuali e portatori di handicap mentali e/o fisici.
Tra il 1933 e il 1945, furono circa 15-17 milioni le vittime dell’Olocausto, di entrambi i sessi e di tutte le età (senza riguardo per anziani e bambini)._
La parola “Olocausto” deriva dal greco “holòkaustos” che significa “bruciato interamente”; ed era inizialmente utilizzata ad indicare la più retta forma di sacrificio prevista dal giudaismo.
Quando venivano portati nei campi di concentramento tutti venivano spogliati, rasati a zero, gli veniva fatto un tatuaggio sul braccio con un numero per riconoscerli e gli venivano dati dei “pigiami” o meglio delle uniformi a righe azzurre.
Al giorno d’oggi per non dimenticare questi brutti momenti e per non commettere di nuovo gli stessi errori il 27 gennaio si celebra la Giornata della memoria in onore, appunto, delle vittime dell’Olocausto.
“Quel che è accaduto non può essere cancellato, ma si può impedire che accada di nuovo” (Anna Frank)
Articolo scritto da GRANATO FABRIZIA, 2BD